Iscrizione negata alla primaria: confermata condanna per discriminazione

La Corte d’Appello di Milano ha confermato la condanna per discriminazione ai danni di un bambino con disabilità nei confronti di una scuola paritaria milanese che, nel dicembre del 2017, aveva negato al piccolo l’iscrizione alla classe prima elementare. Pietro (nome di fantasia, ndr) è un bambino con disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività, disturbo del linguaggio e livello cognitivo borderline. Già da due anni frequentava la scuola materna presso la stessa scuola primaria dove i suoi genitori lo avevano iscritto proprio per la possibilità di garantirgli un percorso continuo e integrato tra la scuola d’infanzia e la primaria.

La cooperativa che gestisce la scuola paritaria milanese aveva giustificato davanti al giudice di primo grado la propria condotta con “l’impossibilità di accogliere più di un alunno disabile per ciascuna sezione” di prima elementare, in ragione “delle difficoltà dei minori accertate in sede di pre-iscrizione”. E al posto di Pietro erano stati accolti altri due bambini con disabilità. Secondo la cooperativa “la compresenza in classe di più bambini disabili avrebbe messo a rischio la garanzia di un percorso formativo efficace per tutti gli alunni”.

Dopo la condanna in primo grado, la cooperativa ha deciso di presentare ricorso e ha difeso la propria decisione affermando di non poter inserire in una sola classe due alunni con disabilità e che la struttura della scuola non avrebbe permesso la creazione di una terza aula.

I giudici del Tribunale di Milano hanno definito “infondato” l’appello e ribadito la natura discriminatoria del rifiuto dell’iscrizione dal momento che la cooperativa non ha saputo dimostrare le “circostanze concrete che imponessero di accogliere nella prima elementare solo due alunni disabili (sic) per l’anno 2018-2019”. In altre parole, la Corte d’Appello evidenzia come non sia mai stata valutata nel concreto la possibilità di una compresenza nella stessa classe di due bambini con disabilità.

La cooperativa, inoltre, non è dotata di regolamenti o disposizioni interne che prevedano limiti al numero di alunni con disabilità per specificate esigenze formative o organizzative. La sentenza evidenzia poi come la precedenza sia stata data ad altri due minori con disabilità “solo in considerazione dell’iscrizione da più tempo alla scuola dell’infanzia del plesso, sulla base cioè di un criterio selettivo in alcun modo correlato alla valutazione effettiva dell’entità della disabilità dei minori e della sua eventuale incidenza sull’efficacia del percorso educativo da offrire agli alunni con disabilità e non solo”.

“Si tratta di una pronuncia importante che si aggiunge ai numerosi precedenti e che conferma l’efficacia e la forza della tutela giudiziaria introdotta dalla legge 67/2006 -commenta l'avvocato Gaetano De Luca, che ha seguito la vicenda-. Nel caso specifico i giudici hanno ritenuto infondato l’appello, applicando lo speciale regime probatorio introdotto a favore delle presunte vittime di discriminazione, addossando quindi sul presunto autore l’onere di provare l’insussistenza della condotta discriminatoria contestata. Rimane invece ancora molta strada da fare sotto il profilo risarcitorio, in quanto vi è ancora una certa resistenza a riconoscere i danni non patrimoniali da discriminazione, laddove gli stessi non siano concretamente dimostrati. Su tale aspetto si sta valutando un possibile ricorso in Cassazione, visto che il diritto comunitario è piuttosto chiaro nel richiedere l’applicazione di sanzioni a carico degli autori di condotte discriminatorie con il fine di contrastare il fenomeno e prevenire ulteriori condotte illecite”.

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