Alessandro* ha 14 anni e ha da poco terminato con successo la terza media. Come tutti i suoi coetanei, nel corso degli ultimi mesi ha dovuto trascorrere lunghe giornate chiuso in casa, rinunciando ad andare a scuola, in piscina e in palestra. Aspettava con ansia il momento in cui avrebbe potuto riabbracciare i propri amici al campus estivo organizzato da Milanosport. Purtroppo, però, il desiderio di Alessandro, quest’anno, non si potrà realizzare pienamente: potrà frequentare il centro estivo per non più di dieci giorni. Milanosport, infatti, ha deciso che per la frequenza dei suoi centri di bambini e ragazzi con disabilità come Alessandro è necessaria la presenza di un educatore dedicato per ogni minore con disabilità. A fronte di una domanda particolarmente elevata, la soluzione proposta dalla società è stata quella di adottare una turnazione, garantendo a tutti i minori con disabilità la frequenza dei centri estivi solo per un periodo limitato.
Si tratta solo di una delle diverse segnalazioni che, in questi giorni, sono arrivate al Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità. Segnalazioni che riguardano richieste di compartecipazione alla spesa più elevate per le famiglie che vogliono mandare i propri figli con disabilità al centro estivo, oppure difficoltà e ostacoli di vario tipo nell’accesso a questa tipologia di servizio.
Per fare chiarezza su questa situazione, i legali del Centro Antidiscriminazione di LEDHA hanno redatto un parere (consultabile liberamente sul sito dell’associazione) in cui si sottolinea come questi comportamenti rappresentano una condotta potenzialmente discriminatoria, in violazione della legge 67/2006 e della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità.
Il DPCM 11 giugno 2020 prevede che i Comuni, nell’organizzare le attività estive rivolte ai minori, rivolgano “particolare attenzione e cura alla definizione di modalità di attività e misure di sicurezza specifiche” per coinvolgere i minori con disabilità. “Ma gli enti organizzatori dei Centri estivi e molti Comuni si stanno attenendo troppo letteralmente a un dettato normativo generico e non esaustivo -scrivono i legali del Centro Antidiscriminazione di LEDHA-. Interpretando in modo erroneamente restrittivo l’indicazione di quel rapporto numerico, che nel caso di bambini ed adolescenti con disabilità, deve essere potenziato integrando la dotazione di operatori, educatori o animatori nel gruppo dove viene accolto il bambino ed adolescente, portando il rapporto numerico a un operatore, educatore o animatore per un bambino o adolescente”. In altre parole, i Centri estivi e i Comuni si stanno trincerando dietro la norma governativa, escludendo o limitando la frequenza a bambini e ragazzi con disabilità affermando di non essere in grado di consentire il cosiddetto rapporto “1:1”.
Al fine di evitare una condotta discriminatoria, i legali di LEDHA sottolineano come occorra invece valutare caso per caso, analizzando la situazione e le specifiche esigenze del singolo minore con disabilità per decidere se sia necessaria o meno la presenza di un educatore dedicato. E in nessun caso questo deve comportare un ulteriore onere a carico della famiglia: gli eventuali costi extra dovuti all’applicazione di questo provvedimento, infatti, devono ricadere sui Comuni e non sulle famiglie.
“Qualunque costo aggiuntivo, imputabile alla condizione di disabilità del minore, così come l’esclusione dal diritto di partecipare alle attività dei centri estivi in condizioni di parità con gli altri bambini e ragazzi deve essere considerato discriminatorio e quindi illegittimo -conclude l’avvocato Laura Abet, del Centro Antidiscriminazione di LEDHA-. Ai minori con disabilità, che sono tra i soggetti più provati dal lungo periodo di lockdown e dalla chiusura delle scuole, deve essere garantito il diritto a una piena partecipazione ai centri estivi: non un giorno di meno, non un euro in più”.
* nome di fantasia