Tra la DAD e la solitudine in classe. I rischi per gli alunni con disabilità

Il ritorno alla Didattica a distanza per gli alunni delle scuole superiori (e a partire da venerdì 6 novembre anche per gli studenti di seconda e terza media, in base a quanto previsto dal DPCM del 3 novembre 2020) sta creando e rischia di creare gravi disagi per le famiglie di questi bambini e ragazzi. In modo particolare, per quelle più fragili. In questi giorni, LEDHA Milano ha raccolto le voci di alcuni di questi familiari, che esprimono già ora un malessere profondo per la situazione che si sta delineando. Il timore, da un lato, è quello di vivere le stesse difficoltà del primo lockdown, quando sono emerse tutte le criticità della DAD. Come ha sottolineato Dario Ianes, professore di pedagogia e didattica speciale all’università di Bolzano, “un alunno con disabilità su tre è di fatto escluso dalla didattica a distanza”. 

C’è poi un ulteriore elemento che preoccupa le famiglie e le associazioni di persone con disabilità attive a Milano: il rischio che, per garantire la didattica in presenza per gli alunni con disabilità, all’interno delle scuole si vadano a ricreare, di fatto, le vecchie “classi speciali in cui trovano posto solo gli alunni con disabilità. Il DPCM del 3 novembre richiama la garanzia della didattica in presenza per gli alunni con disabilità e la nota del MIUR 1190/20 conferma un elemento fondamentale: le attività in presenza per gli alunni con disabilità devono realizzare un’inclusione scolastica effettiva e non solo formale.

Scrive ancora Daio Ianes: “Il gruppo, anzi la cordata, come preferisco chiamarla, deve essere eterogenea: potrà comprendere ragazzi con disabilità, bisogni educativi speciali, disturbi specifici dell’apprendimento. Come pure coloro che con la didattica a distanza mostrano maggiori difficoltà… se ora avviene questo, che piccoli gruppi di studenti siano in classe, allora i docenti dovranno essere lì, insieme naturalmente agli insegnanti di sostegno e agli assistenti, ovviamente tutti collegati con la classe a distanza”.

Questo dovrebbe accadere ma sappiamo di alunni con disabilità che sono rimasti da soli in classe perché i compagni sono tenuti a casa dai genitori.

Trovare una risposta a queste esigenze è una sfida complessa che richiede l’impegno di tutte le istituzioni preposte, a partire dal ministero dell’Istruzione e che non può non coinvolgere anche gli Enti locali. Nello specifico, Ledha Milano ha chiesto al Comune di intervenire “e di farsi garante del progetto di vita delle persone con disabilità”, si legge in una lettera inviata nei giorni scorsi a Palazzo Marino, a firma del presidente Enrico Mantegazza. L’associazione ha chiesto al Comune di Milano (cui sono affidate le risorse economiche per la gestione del personale educativo) di vigilare sulle modalità con cui le scuole utilizzano queste risorse e di mettere in atto “le strategie più opportune affinché i più fragili non vengano abbandonati in caso di Didattica a distanza”, si legge nella lettera.

L’assessore all’Educazione e istruzione del Comune di Milano, Laura Galimberti, ha risposto a Ledha Milano: “Siamo convinti che il nostro impegno deve andare nella direzione di continuare ad assicurare il diritto all’educazione e all’istruzione, diritto che non può essere impedito o affievolito da difficoltà nell’apprendimento né da altre problematicità derivanti dalle disabilità e che va supportato e agevolato con gli strumenti più idonei… In base alle caratteristiche peculiari del singolo alunno, concordando preventivamente l’intervento con la famiglia, con l'insegnate di sostegno e con l'educatore, i dirigenti possono impiegare gli educatori per l’assistenza ‘a distanza’”.

Durante lo scorso anno scolastico alunni e studenti con disabilità si sono ritrovati da soli, a casa, senza il supporto di un educatore che li supportasse nella quotidianità e nella gestione degli strumenti della DAD. Una situazione cui alcune famiglie (quelle più dotate di risorse) hanno potuto supplire con l’impegno di un familiare o con risorse proprie. Mentre quelle più fragili sono state ulteriormente penalizzate.

Oggi non possiamo più parlare di emergenza o situazione straordinaria -commenta Roberto Morali, direttore di Ledha Milano-. Occorreva essere pronti per garantire a tutti gli alunni con disabilità la possibilità di realizzare il proprio diritto a imparare. Non si può prevedere indistintamente per tutti una risposta che preveda la frequenza in presenza a prescindere, senza tenere conto del singolo progetto della persona, della condizione familiare e della condizione della scuola. Sentiamo famiglie che ci riferiscono di figli a casa da 15 giorni perché la classe è in quarantena senza che sia attivata la DAD, sentiamo enti gestori che chiedono alle scuole di poter organizzare attività in presenza o in DAD in rispetto del DPCM e della nota del MIUR ricevendo risposte negative o addirittura senza ricevere risposte”.

L’assessore Galimberti ha scritto che “le modalità attualmente adottate sono il risultato di un patto, di una alleanza tra ente locale, scuola e terzo settore e costituiscono un punto di forza nella vita scolastica al fine di garantire loro il processo di inclusione e più in generale il diritto allo studio”. Il patto cui si riferisce l’assessore oggi consta solo in raccomandazioni fatte alle scuole di poter utilizzare i fondi assegnati per l’assistenza educativa anche per attività a distanza e i dirigenti in forza della cd autonomia scolastica possono arbitrariamente decidere se e come mettere in campo le risorse.

Occorre un confronto urgente tra tutti attori in gioco ovvero il Comune, che ha la competenza per l’erogazione dell’assistenza educativa, le associazioni delle persone con disabilità testimoni dei vissuti di questa pandemia, gli enti gestori chiamati nel concreto a realizzare tutti gli interventi – conclude Roberto Morali-. Fondamentale infine l’Ufficio Scolastico Provinciale, quale ponte verso le scuole che oggi in virtù della ‘autonomia’ sono come delle isole: se il dirigente è illuminato e aperto (e ce ne sono) le soluzioni si trovano. Ma laddove questo non avviene, il diritto degli alunni con disabilità è ostaggio ad inerzie o semplicemente di insipienza”.

Ledha Milano chiede al Comune di Milano di affiancarla nel chiedere questo confronto e di monitorare con particolare attenzione le situazioni più fragili per assicurare che, anche nei casi in cui sia necessario ricorrere alla DAD, gli alunni e gli studenti con disabilità non vengano lasciati soli davanti a uno schermo. Aumentando a dismisura non solo il gap cognitivo, ma anche la sofferenza psichica e l’isolamento sociale di bambini e ragazzi, che invece, trovano nella “scuola di tutti” il primo e più importante luogo di crescita e sviluppo.

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