Comuni ed enti gestori devono garantire i diritti fondamentali delle persone con disabilità che, a causa dell'epidemia di Coronavirus e a seguito dei provvedimenti adottati per contenerlo, sono costretti a restare all'interno delle proprie abitazioni. “L'assistenza e la cura delle persone con disabilità non è un'attività che può essere sospesa in attesa di tempi migliori. Ne va della vita e della dignità di migliaia di persone e del grado di civiltà del nostro Paese”, scrive LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità in una lettera aperta in cui sottolinea l'esigenza di intervenire per evitare gravi danni alla salute fisica e mentale delle persone con disabilità e delle loro famiglie.
LEDHA chiede agli operatori e ai responsabili degli enti gestori di “continuare con il massimo impegno e la massima responsabilità il loro lavoro di assistenza e di cura, non avvallando alcun tipo di comportamento rinunciatario”. In questi giorni, infatti, presso il Centro Antidiscriminazione di LEDHA sono arrivate segnalazioni di assistenti familiari e operatori socio-sanitari che si sottraggono al dovere di prestare il proprio lavoro di cura per timore di essere contagiati. “È indispensabile -si legge nel documento diffuso da LEDHA- trovare un punto di equilibrio: contemperare cioè l'esigenza di contenimento del virus e la tutela della salute fisica e mentale delle persone con disabilità e delle loro famiglie”. Ovviamente mettendo in atto tutte le strategie e gli strumenti necessari al fine di ridurre il contagio, per la tutela sia degli operatori, sia delle persone con disabilità.
Per questo motivo è necessario che gli assistenti sociali dei Comuni e i responsabili degli enti gestori valutino ogni singolo caso per comprendere quali sono le effettive esigenze della persona. Esigenze che possono essere oggettive -ad esempio l'assistenza per l'igiene personale- oppure meno riconoscibili, ma in alcuni casi altrettanto importanti, come ade esempio l'esigenza di una breve passeggiata fuori casa (con tutte le precauzioni necessarie) necessaria per la tenuta di equilibri familiari molto precari.
Occorre quindi trovare un criterio guida per mettere in atto, in modo consapevole e costruttivo, quanto stabilito dall’art. 48 del DL 17 marzo 2020, che stabilisce che “le pubbliche amministrazioni forniscono (…) prestazioni in forme individuali domiciliari o a distanza o resi nel rispetto delle direttive sanitarie negli stessi luoghi ove si svolgono normalmente i servizi senza ricreare aggregazione. Tali servizi si possono svolgere secondo priorità individuate dall’amministrazione competente, tramite co-progettazioni con gli enti gestore”.
“È necessario pertanto che si adottino tutte le misure indispensabili per tutelare la salute degli stessi operatori e della persona fragile, e della sua famiglia”, si legge nel documento di LEDHA, mettendo in campo forme di sostegno individuali domiciliari o a distanza, che devono essere fortemente personalizzate e costruite in modo tale da rispondere alle necessità di tutela fisica e delle esigenze primarie. Ma non solo: occorre anche individuare modalità di intervento adatte a dare una risposta ai bisogni di quelle persone con disabilità intellettiva psichica, che rischiano di subire conseguenze negative, anche maggiori del contagio, da questo stato di emergenza comunitario. È opportuno infine sottolineare che sebbene l'articolo 47 del DL 17 marzo 2020 stabilisca la chiusura dei servizi (a tutela della salute di tutti), il seguente articolo 48 enne a salvaguardare il diritto delle persone che usufruivano di quei servizi, a tutela della loro salute fisica e mentale.